Cosa coltiviamo - Biodiversità

Cappero

STORIA ED ETIMOLOGIA

Il cappero è il bottone fiorale del Capparis spinosa L., piccolo arbusto o suffrutice ramificato a portamento prostrato-ricadente della famiglia Capparaceae. Sembra che il nome derivi dall’arabo “kabar” o “kappar” oppure è di origine latina in riferimento alla forma del seme simile a un capitello. L’epiteto della specie è riferito alla presenza di stipole erbacee ridotte a spine. In quasi tutte le regioni alla pianta viene assegnato un nome locale (Es. in Sicilia “Chiapparo”, in Liguria “Tapano”, in Veneto “Zucchetta” etc.). Il cappero si coltiva da tempo immemorabile e l’origine pare essere tra il Nord Africa e il Medio Oriente. Riferimenti si trovano nella Bibbia, negli scritti di Ippocrate, Aristotele e Plinio Il Vecchio, sia per uso alimentare che medicinale. Fin dall’antichità è diffusa la credenza che attribuisce proprietà afrodisiache al cappero.

DESCRIZIONE

Il cappero è un arbusto con un’altezza media di 30–50 centimetri con dei fiori molto vistosi bianchi e rosa con punte di viola. Tra la fine di maggio e settembre comincia la fioritura e la raccolta dei bottoni fiorali non ancora aperti (Capperi), in modo tempestivo, prima dell’alba e appena germogliati. Quelli di dimensioni minori divengono, dopo la maturazione, il prodotto migliore. Una volta raccolti vengono messi a maturare in salamoia in sale marino. La maturazione è un passaggio obbligato, allo stato fresco i capperi sono amari e di gusto sgradevole. I capperi messi a maturare nel sale marino (Circa il 40% del loro peso) vi restano 10 giorni durante i quali vengono periodicamente rimescolati. Una volta scolati vengono posti nuovamente sotto sale (Circa il 20% del loro peso) per altri 10 giorni. Alla fine di questo secondo passaggio sono pronti per essere consumati. Se il cappero rappresenta il bocciolo del fiore non ancora schiuso, il cucuncio è il frutto vero e proprio. I cucunci presenti sul mercato hanno spesso il gambo ancora attaccato. Dalla forma oblunga e dal sapore delicato e croccante, i cucunci presentano dei semi al loro interno, comunque non fastidiosi alla masticazione se i frutti vengono raccolti al momento giusto, ossia ad agosto. Della Capparis spinosa non si consumano solo cucunci e capperi, ma anche le foglie sono commestibili, oltre ad essere elemento decorativo nei piatti.

PROPRIETÀ ED UTILIZZI

La diffusione e l’uso ampio che se ne fa nella cucina siciliana hanno portato l’alloro ad essere inserito nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf) come prodotto tipico siciliano. Si utilizzano le foglie e se ne possono fare vari usi: in cucina, per aromatizzare carni e pesci, come rimedio casalingo per allontanare le tarme dagli armadi (Ottimo e più profumato sostituto della canfora), per preparare decotti rinfrescanti e dalle qualità digestive o pediluvi, o trattato con alcool per ricavarne un profumato e aromatico liquore dalle proprietà digestive, stimolanti, antisettiche ed è utile contro tosse e bronchite. Dalle bacche si può ricavare un olio aromatico, l’olio laurino e con proprietà medicinali, ingrediente peculiare dell’antichissimo Le proprietà aromatiche sono contenute nei boccioli del fiore (Capperi). Utilizzati in gastronomia da millenni, sono solitamente usati per aromatizzare le pietanze e si sposano bene con una grande varietà di cibi: dalla carne, al pesce, alla pasta. Il frutto (Cucuncio), di sapore simile ma più delicato, si trova in commercio sotto sale, sott’olio o sotto aceto. È usato tradizionalmente nella cucina eoliana per condire piatti di pesce o al pari di una qualsiasi verdura, di solito in insalata. In ambito culinario vengono utilizzate anche le giovani foglie come insalata, previa cottura per pochi minuti in acqua bollente. L’ampia diffusione in Sicilia e l’uso tradizionale che se ne fa nella cucina siciliana hanno portato i capperi ad essere inseriti nella lista dei prodotti agroalimentari tradizionali italiani (P.A.T.) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (MiPAAF) come prodotto tipico siciliano. I numerosi studi effettuati sulle piante di cappero hanno mostrato che diverse parti della pianta, tra cui le radici, i boccioli, i frutti e i semi contengono composti bioattivi (In particolare polifenoli) responsabili dei benefici per la salute. Le molecole presenti nei capperi hanno dimostrato di possedere soprattutto proprietà antiossidanti dunque, come la maggior parte dei vegetali, anche i capperi possono contribuire a rallentare il processo di invecchiamento e a contrastare i danni dei radicali liberi. Grazie all’azione dei flavonoidi, il consumo di capperi può apportare benefici in caso di malattie cardiovascolari, diabete, obesità, disturbi del fegato e deterioramento cognitivo. Inoltre, i capperi presentano proprietà antibatteriche, antimicotiche e antinfiammatorie e questo potrebbe giustificare l’utilizzo popolare in caso di dolori, reumatismi, febbre, malattie a carico della pelle e ulcere. Va sottolineato che le ricerche sono ancora preliminari e da approfondire, ma viste le numerose proprietà dei capperi, vale la pena inserirli nella propria dieta.

COLTIVAZIONE

Il cappero è una tipica pianta mediterranea, estremamente rustica e longeva, coltivato fin dall’antichità e diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo e in Asia occidentale. Oggi la coltivazione è particolarmente diffusa soprattutto nelle regioni calde d’Italia (Specialmente in Sicilia) perché richiede molto sole e teme il gelo, al nord non è impossibile da coltivare ma certamente richiede molta cura e un riparo. Cresce spontaneo solo su substrati calcarei, come rupi, falesie o vecchie mura, formando spesso cespi con rami ricadenti lunghi anche diversi metri. È una pianta eliofila e xerofila con esigenze idriche limitatissime. Il cappero non va concimato, eccetto nel primo anno necessita di una dose di concime organico. Le piantine all’inizio crescono molto lentamente, mentre le annaffiature sono necessarie solo nelle primissime fasi di sviluppo delle piantine, da seme o da talea, dopodiché per le piante in piena terra diventano non solo inutili, ma anche pericolose.