Cosa coltiviamo - Biodiversità

Fico

STORIA ED ETIMOLOGIA

Il fico comune (Ficus carica – famiglia delle Moraceae) è un albero che produce l’omonimo frutto detto fico. L’epiteto specifico “carica” fa riferimento alle sue origini che vengono fatte risalire alla Caria, regione dell’Asia Minore. Testimonianze della sua coltivazione si hanno già nelle prime civiltà agricole di Palestina ed Egitto, da cui si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mediterraneo. Se per definizione è detto “Fico Mediterraneo”, si considera originario e comune delle regioni delle aree meridionali caucasiche. Dopo il 1492, il fico si diffuse in America e, in seguito, in Sudafrica, Cina, Giappone e Australia. Il termine fico, usato per il frutto dell’albero del fico, viene usato in quasi tutti i dialetti italiani, mentre nel meridione, declinato al femminile, è portatore di una forte connotazione sessuale corrispondente all’attributo genitale femminile (Riferimenti letterari basati su tale parallelo sono innumerevoli, a partire da Aristotele, intorno al 350 A.C.). Esso deriva dal siriano (Fenicio) “pequ”, sostantivo per l’attributo sessuale femminile (Nel senso di varco, fessura). Quindi il nome del frutto è attribuito per analogia. 

DESCRIZIONE

Il fico è una pianta xerofila ed eliofila, longeva (Può diventare secolare), anche se è di legno debole e soggetto ad infezioni fatali, caducifoglia e latifoglia. È un albero dal fusto corto e ramoso che può raggiungere altezze di 6–10 metri, con corteccia finemente rugosa grigia, mentre la linfa è bianco latte. I rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame verdi, con foglie grandi, scabre, oblunghe, grossolanamente lobate a 3-5 lobi, di colore verde scuro sulla parte superiore, più chiare sulla parte inferiore. Quello che comunemente viene ritenuto il frutto è in realtà una infruttescenza (Siconio) di medie dimensioni, carnosa, piriforme, ricca di zuccheri a maturità, verde-rossiccio-violaceo, cava, all’interno della quale sono racchiusi i fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l’entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza (Che diventa perciò un’infruttescenza), sono numerosissimi piccoli acheni. La polpa che circonda i piccoli acheni è succulenta e dolce, e costituisce la parte edibile. La specie ha due forme botaniche che possono essere definite come piante maschio (“Caprifico”, individuo che produce il polline con frutti non eduli, detto anche fico selvatico) e piante femmina (“Fico vero”, individuo che produce frutti eduli con i semi contenuti all’interno). L’uomo ha selezionato una grande varietà di fichi commestibili con possibile maturazione “partenocarpica” (Il binomio Blastophaga-Ficus carica è una simbiosi mutualmente obbligata, cioè è specie-specifica: da un lato l’insetto sopravvive solo nei frutti del caprifico, e dall’altro la pianta di fico non ha alcuna possibilità di far semi senza l’insetto), che avviene perciò anche se non è avvenuta la fecondazione, condizione comunque importante, dato che permette di avere frutti anche dove la vespa Blastophaga non esiste (La vespa non sopravvive a temperature invernali inferiori ai – 9°C). Infatti, la pianta di fico in ambiente caldo, secco e con buona lignificazione della vegetazione in estate può invece sopravvivere agevolmente a temperature intorno ai – 18°C in inverno, estendendo la possibilità di coltivazione del fico da frutto in ambienti più freddi (Anche se alcune varietà devono essere obbligatoriamente fecondate), solo dove è assicurata in maniera perfetta la presenza del ciclo vitale dell’insetto impollinatore, l’imenottero agaonide Blastophaga psenes: le femmine gravide sciamano dal “frutto” del caprifico per deporre le proprie uova in ovari di altri frutti di fico. L’azione avviene indiscriminatamente in tutti i frutti, sia di caprifico che di fico vero, ma mentre nel caprifico gli ovari hanno stilo corto e quindi sono in superficie, ben accessibili per la deposizione delle uova, nel fico vero gli stili lunghissimi rendono da un lato inaccessibili i punti di inoculazione, mentre espongono gli stigmi sui quali la vespa, finisce per deporre il polline che reca sul proprio corpo, prelevato dagli stami presso l’ostiolo del caprifico. L’azione nei confronti dei caprifichi permette quindi solo alla vespa la perpetuazione della propria specie, mentre quella nei confronti dei fichi veri permette solo la riproduzione (Produzione dei semi) della pianta del fico. Al di fuori della specie “Ficus carica” occorre precisare che ogni specie di “Ficus” ha la propria specie di insetto con cui ha costituito un analogo sistema di simbiosi quasi obbligata, dato che la condizione che una specie di insetto fecondi due specie di “Ficus” è piuttosto rara. Nel fico commestibile, abbiamo tre tipi di “siconi” che danno, annualmente, distinte fruttificazioni:

  • “Fioroni”, o “fichi fioroni”, che si formano da gemme dell’autunno precedente e maturano alla fine della primavera o all’inizio dell’estate;
  • “Fichi” (“Fòrniti” o “pedagnuoli”), che si formano da gemme in primavera e maturano alla fine dell’estate dello stesso anno;
  • “Cimaruoli”, prodotti da gemme di sommità in estate e maturano nel tardo autunno, limitata a regioni con estati lunghe e clima particolarmente caldo;

Le varietà con tripla fruttificazione sono pochissime, sostanzialmente irrilevanti. Per ovvi motivi di clima, di norma i “fòrniti” hanno le caratteristiche di eccellente succosità e dolcezza; i “fioroni”, per contro, hanno il pregio di essere di precoce maturazione. Il caprifico sviluppa tre tipi di siconi:

  • “Mamme” o “cratiri”, contenenti solo fiori femminili, si formano in autunno e maturano a fine primavera;
  • “Profichi”, con fiori maschili e femminili, si formano sullo stesso ramo delle “mamme” (“Cratiri”) in primavera e maturano in estate;
  • “Mammoni”, con fiori maschili e femminili longistili, si sviluppano in estate e maturano in autunno;

I frutti del caprifico sono coriacei, non dolci, non succulenti e pur se non tossici, sono praticamente immangiabili. A parte ciò, molto probabilmente se colonizzati dalla Blastophaga, contengono le larve della stessa nelle galle all’interno del frutto.

PROPRIETÀ ED UTILIZZI

I fichi sono frutti altamente energetici, infatti forniscono 47 Kcal per 100 grammi di prodotto. L’acqua ne costituisce l’82% in peso. Nel fico si annovera un cospicuo contenuto di carboidrati (11%), circa il 2% di fibre, l’1% di proteine e pochissimi grassi (0,2%). I fichi sono un concentrato di sali minerali, in particolare potassio, magnesio e ferro, ma anche le vitamine antiossidanti rivestono un ruolo importante. Possiede proprietà emollienti ed espettoranti, mineralizzanti, bechiche, lassative, caustiche. Il frutto è utilizzato, oltre che per il consumo fresco, anche per la preparazione di confetture e nella pasticceria. Inoltre, una pratica tradizionale molto diffusa, specialmente nelle regioni del Sud Italia, consiste nell’essiccazione, che rappresenta un’ottima tecnica di conservazione dell’alimento, con tutte le sue varianti (Inseriti all’interno dei classici “filari”, oppure ricoperti di cioccolato o con ripieno di mandorle o altri tipi di frutta secca, sia intera, sia in granella).

COLTIVAZIONE

Il fico è una specie tipica degli ambienti caldi del sud, in cui la temperatura si mantiene costantemente sopra i 15°C. La pianta riesce comunque a resistere ai freddi invernali anche intensi, soprattutto se il legno è ben lignificato. Questa condizione si ottiene evitando gli eccessi di azoto nella concimazione, limitandola al reintegro della sostanza organica con ammendanti naturali come compost o letame ben maturi. Il fico è anche una specie tipica degli ambienti costieri e resiste molto bene ai venti salini, si adatta anche in diversi tipi di terreno, purché siano sufficientemente drenati, in quanto non tollera i ristagni idrici. Inoltre, essendo una specie arido-resistente, non ha bisogno di molta acqua di irrigazione. Tuttavia per le piante piccole, nei primi anni dopo l’impianto, è opportuno prevedere irrigazioni di soccorso, soprattutto durante le estati particolarmente siccitose, mentre per le piante adulte sarebbe ideale che non piovesse in abbondanza nelle due settimane precedenti la maturazione dei frutti, a vantaggio della loro sapidità e qualità, in quanto potrebbe farli marcire.